Cultura dell’errore: perché abbiamo paura di sbagliare?

C’è qualcosa che ci cresce dentro piano, fin dall’infanzia, e spesso non ce ne accorgiamo fino a quando non ci blocca. È la paura di sbagliare. 

All’inizio è solo una voce lieve: quando inciampiamo davanti agli altri, quando prendiamo un brutto voto, quando qualcuno ci guarda con dissenso. Poi quella voce si trasforma in giudizio, e il giudizio in gabbia. Diventiamo adulti con il terrore costante di fallire, come se un errore potesse sopprimere tutto quello che siamo.

Viviamo in un’epoca dove l’errore è visto come debolezza, come mancanza. Sui social sbagliare significa esporsi al ridicolo, nella scuola significa un numero negativo, nel lavoro significa perdere credibilità. Eppure, nella realtà profonda delle cose, sbagliare è la via principale della conoscenza. Lo diceva anche Karl Popper, uno dei filosofi della scienza più influenti del Novecento: tutta la conoscenza umana avanza per tentativi ed errori. Se non c’è errore, non c’è apprendimento. Se non sbagliamo, non abbiamo modo di crescere.

Ma nessuno ce lo insegna davvero. Siamo abituati a valutare noi stessi sulla base dei risultati, delle medie, dei voti, dei traguardi. Ci confrontiamo con chi sembra sempre essere migliore, e ogni nostro inciampo ci sembra una prova del fatto che non valiamo abbastanza. Allora impariamo a nascondere i fallimenti, a vergognarci di questi. A evitare situazioni nuove, pur di non rischiare di fare brutta figura, quindi non provarci nemmeno.

Il problema non è solo culturale, è anche emotivo. Sbagliare ci fa paura perché ci mette a nudo. Perché quando falliamo, ci sentiamo esposti, giudicati. Ma forse, proprio in quell’esposizione, c’è la nostra forza più grande. Pasolini scriveva che la verità non sta nella purezza, ma nella ferita. E forse aveva ragione, perché è nell’errore, nella rottura delle aspettative, che iniziamo a conoscerci per davvero.

Non si tratta di romanticizzare il fallimento, né di cercarlo. Si tratta di accettare che fa parte del cammino e che il valore di una persona non si misura con la perfezione, ma con il coraggio di rialzarsi, di ricominciare, di mettersi in gioco anche quando non si è sicuri del risultato. Serve una nuova cultura dell’errore, che non punisca chi inciampa ma lo accompagni. Che insegni a capire dove abbiamo sbagliato, senza farci sentire meno per questo e che sbagliare non è perdere ma è il primo passo per capire chi siamo e cosa vogliamo davvero.

 In un mondo che corre, che giudica, che pretende, avere il coraggio di sbagliare è un atto radicale. È un modo per dire: “Io non sono perfetto, ma ci provo. E questo basta.”

Basma Addakiri e Xena Nrejaj 3G

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