Spesso siamo convinti di conoscerci perfettamente, di sapere tutto su noi stessi, poi accade qualcosa che ci fa rendere conto che non avevamo capito niente della nostra personalità e che c’è ancora tanto da scoprire. È quello che mi è successo a Lisbona, durante l’ultimo viaggio di istruzione della mia vita.
Il 26 novembre alle 11:00 io e i miei compagni della Vβγ insieme ai ragazzi di VD eravamo su un aereo, con poche ore di sonno sulle spalle, pronti a partire verso la capitale portoghese. La nostra prima visita è stata all’Oceanário, l’acquario della città e, mentre osservavo i pesci nuotare nelle vasche e interagire con i visitatori, ho pensato a cosa mi avrebbe dato quel viaggio, in che modo mi avrebbe arricchita: non avevo idea di quello che avrebbe scatenato dentro di me!
Il 1° dicembre alle 03:15 io e i miei compagni della Vβγ insieme ai ragazzi di VD eravamo di nuovo a Pescara, ma io non ero più la stessa. Quel viaggio mi aveva rivelato un lato di me che non conoscevo e io mi sentivo disorientata, nonostante ancora non mi fossi resa perfettamente conto di cosa fosse successo.
Il giorno dopo, a casa, ho aperto un libro di Enrico Galiano e ho letto “I viaggi sono sempre dei ritorni, anche quando sono posti che non sai, posti che non hai visto mai, tu non lo sai ma stai sempre tornando a casa, ti stai sempre cercando, specie quando credi di sapere perfettamente dove sei.” In quel momento, leggendo queste parole, ho capito che mi era successo proprio quello: io pensavo di conoscermi bene, dopo mesi di indagine introspettiva e riflessione personale, ma le strade e i monumenti di Lisbona mi hanno mostrato che ero ancora alla ricerca di me stessa. Ho capito così che viaggiare è il modo migliore per conoscersi perché ogni viaggio, anche verso luoghi sconosciuti come lo era per me Lisbona, in realtà riporta sempre a noi stessi, alla scoperta di una parte di noi ignota fino ad allora. In Portogallo ho imparato che non è importante solo dove ci troviamo fisicamente, ma anche dove siamo nel nostro percorso personale. Ogni luogo, ogni dettaglio, ogni angolo della città mi ha fatto “vibrare forte l’anima” e mi ha spinta a riflettere su me stessa. Amo fare introspezione e leggermi dentro, cercare di comprendermi, ma nessuna riflessione interiore è così potente come quella che nasce durante un viaggio. Durante i cinque giorni portoghesi abbiamo visitato l’Oceanario, il monastero di Tomar, il MAAT, Cabo da Roca, il Monastero dos Jerónimos, la Torre de Belém, il Museo Calouste Gulbenkian, il quartiere Baixa e la Chiesa di Sant’Antonio; tuttavia, alla fine, io mi sento come se non avessi visitato Lisbona, ma la mia anima.
Inoltre, con questo ultimo viaggio ho realizzato che è importante essere consapevoli di quanto indagare su se stessi e conoscersi possa essere faticoso e, talvolta, doloroso tanto che in alcuni momenti, improvvisamente, si rischia di crollare. A Lisbona mi è accaduto proprio questo: al momento di salire sull’aereo per Fiumicino, una semplice frase della professoressa (che ricordava quel viaggio come l’ultimo della nostra classe) è stata l’evento scatenante per far emergere tutto ciò che avevo vissuto. E così sono arrivate le lacrime, potenti e devastanti, come un fiume inarrestabile, scaturito da tutto l’impegno e la fatica che avevo speso per scandagliare la mia anima durante quei giorni, mentre ammiravo incantata le luminarie natalizie o cantavo con i miei compagni. Pertanto, se desiderate provare a conoscervi sul serio, siate consapevoli che, prima o poi, arriverà un momento di crollo, e quando ciò accadrà, non sarete in grado di controllarlo.
Ora so che ogni viaggio, ogni esperienza, ci lascia una traccia indelebile e che la vera meta è sempre dentro di noi. Tuttavia, per arrivarci, è necessario essere disposti a interpretare il viaggio come un percorso interiore. Solo in questo modo partire sarà davvero viaggiare.
Rimane così a ciascuno di noi la scelta da porsi ogni volta che si prenota un biglietto: questa volta voglio solo partire o desidero viaggiare davvero?
ALICE FALONE, Vβγ