«Chi evita l’errore elude la vita.»
CARL GUSTAV JUNG, Discorsi
«Humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere.»
SANT’AGOSTINO D’IPPONA, Sermones
«Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore.»
BERTOLT BRECHT, I racconti del Signor Keuner
Lo psicanalista Sigmund Freud diceva che gli uomini non fanno tanti errori durante la loro vita: al contrario, commettono sempre gli stessi, ripetuti ancora ed ancora. A volte, gli errori non sono azioni o fatti, ma pensieri e idee ritenute sbagliate o false. Gli errori, gli sbagli, le sbavature, le macchie, in realtà, raccontano molto di più di noi di quanto lo facciano i nostri pregi. In effetti, secondo me, i difetti non sono veri e propri difetti, ma solo pregi a cui qualcosa è andato storto, segni che nascondono la nostra vera identità, il nostro vero essere. Per esempio, il celebre regista Ingmar Bergman da bambino soleva dire molte bugie e inventare storie fantastiche, pertanto era giudicato e il suo talento era spesso sminuito dai genitori e dagli amici. Talento, il suo, che lo ha portato a dirigere alcuni tra i capolavori maggiori della storia del cinema come Il settimo sigillo o Il posto delle fragole. Questo perché i nostri difetti sono, insomma, una strada che ci porta verso la conoscenza infinita di noi stessi. Spesso mi è capitato di dire «Amo questa persona nonostante i suoi difetti», quando, in realtà, tra me e me pensavo «Amo questa persona proprio a causa dei suoi difetti.» Sono proprio questi ultimi a renderci unici ed irripetibili, sono la parte essenziale della nostra persona e innalzano, incastrati l’uno con l’altro, le mura del nostro essere. Purtroppo, al giorno d’oggi, sbagliare è diventato un vero e proprio tabù; ognuno punta al mito della perfezione e impeccabilità. Io, come tanti altri miei coetanei, soffro di una sorta di ansia da perfezione, cioè il punto di incontro tra il perfezionismo e l’ansia da prestazione. Tuttavia, il termine perfezione deriva dal latino perficio, ovvero «compiere, completare, finire». Spesso aspiriamo a ciò che è perfetto, noncuranti del fatto che è sinonimo di finito, quindi qualcosa di terminato, concluso, immobile. Essa, infatti, testimonia la perdita di vita e movimento, il consolidamento dell’immutabilità.
«Se non siete perfetti significa che siete ancora vivi.»
ENRICO GALIANO, L’arte di sbagliare alla grande