La globalizzazione: non è tutto oro quel che luccica

La globalizzazione è un fenomeno di stampo prevalentemente commerciale e culturale, esistente da circa 50 anni e proveniente dall’Occidente opulento, conseguenza di un lungo processo in cui mercati, produzioni, consumi, persino modi di vivere e di pensare vengono diffusi e condivisi su tutto il Pianeta, rendendo così molti Paesi interconnessi ed interdipendenti tra loro.

Indubbiamente è possibile affermare quanto questo fenomeno mondiale abbia influenzato la società in cui viviamo oggi, ma siamo veramente sicuri che ogni suo aspetto sia commendevole?

Tra gli aspetti positivi della globalizzazione è inevitabile nominare la compravendita di prodotti senza alcun tipo di limitazioni grazie agli scambi commerciali, il miglioramento del tenore di vita di gran parte della popolazione, per non dimenticare la semplificazione della comunicazione attraverso i nuovi strumenti tecnologici e la velocizzazione della conoscenza e dell’informazione per mezzo dell’enorme rete di contatti tra gli Stati.

Tuttavia, nel corso del tempo sono insorti dei movimenti, i cosiddetti no-global, che sono stati in grado di cogliere e denunciare le negatività che caratterizzano il complesso sistema della globalizzazione. In particolare, si tratta di associazioni non governative accomunate dall’opposizione per il fenomeno globale che ha reso sempre più inaccettabile la disuguaglianza tra il Nord e il Sud del mondo.

In effetti, molte sono le aziende e le persone che si sono arricchite, fino a diventare famose ovunque, concentrandosi unicamente sul proprio interesse ma escludendo gli Stati sottosviluppati e in via di sviluppo, gli stessi che, paradossalmente, rappresentano un’immensa fonte di ricchezza per le grandi imprese occidentali.

Infatti, molti dei marchi più noti a livello mondiale in realtà incrementano il proprio guadagno facendo leva sulla povertà dei Paesi, delocalizzando le loro produzioni in questi territori, sfruttando umili cittadini, mirando egoisticamente ad un unico obiettivo: il denaro.

Così come la multinazionale di abbigliamento Nike nel 2005 aveva ammesso di aver approfittato di migliaia persone, di cui la maggior parte erano giovani donne che sostenevano settimane lavorative estenuanti negli stabilimenti asiatici manchevoli di norme igienico-sanitarie adeguate, nei primi mesi del 2024 sono state denunciate dal New York Times le disumane condizioni in cui i dipendenti indiani dell’industria della Coca-Cola sono tutt’ora costretti a lavorare.

Dunque, anche a distanza di anni, la situazione non si è evoluta. Esattamente come Nike e Coca-Cola, tante altre aziende (ad esempio McDonald’s, Adidas, Puma, Nestlè, Chiquita) sono state protagoniste di inchieste e indagini con l’accusa di violare i diritti umani e dei lavoratori.

Ebbene, è vero che la globalizzazione ha semplificato e migliorato molti aspetti del nostro vivere quotidiano, ma è altrettanto certo che a causa di questo fenomeno, che in verità favorisce soltanto una piccola ed elitaria parte dell’intera popolazione mondiale, aumentano ovunque la violenza, criminalità e la miseria, producendo vere e proprie devastazioni sul piano umano e sociale.

Francesca Di Maio

Immagine IA creata da Asia Pavone ed Emanuele Pomponio

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